OpenAi e l’intelligenza artificiale

La storia, l’evoluzione e le applicazioni in campo tecnologico

OpenAi nasce nel 2015 come fondazione senza scopo di lucro (per poi diventare nel 2019 a scopo di lucro limitato) con l’obiettivo dichiarato di portare benefici attraverso la ricerca nel campo tecnologico, mediante l’intelligenza artificiale

I suoi brevetti sono aperti al pubblico e si offre di collaborare anche con altre associazioni ed enti attratti dalla prospettiva di essere protagonisti di scoperte scientifiche innovative in campo tecnologico, tanto da ridefinire le vite di tutti. Tra i fondatori e maggiori investitori troviamo nomi importanti tra cui Elon Musk e Sam Altman.

In pochissimi anni si sono fatti passi da gigante nel settore, tanto che OpenAi ha affermato pubblicamente che l’IA avrebbe la missione di diventare un’estensione della volontà dell’uomo.

Ma facciamo un passo indietro. La storia dell’intelligenza artificiale dal suo principio, dunque ben prima della nascita di OpenAi, si è formata attraverso due approcci, uno simbolico (portato avanti fino al 1980) ed uno moderno. Il primo è un tipo di apprendimento che prevede l’inserimento nella macchina di ogni singola regola o informazione per far sì che il sistema risponda, mentre il secondo prevede la capacità di comprensione della macchina attraverso relazioni tra oggetti, così come fanno gli uomini. Diventa importantissimo il concetto di apprendimento automatico (anche detto machine learning, abbreviato in ML), ovvero la capacità di apprendere della macchina, dai dati ricevuti come input, e modificare poi, in modo automatico, i propri algoritmi per fornire nuovi output. Nell'ambito dell'informatica, per essere sintetici, l'apprendimento automatico è un modo diverso rispetto al passato di fornire dati alla macchina, la quale, senza istruzioni esplicite, ha l'abilità di apprendere in maniera autonoma.

Le sperimentazioni di OpenAi

Tornando ad OpenAi, dunque, c’è da dire che la fondazione, oltre ad aver sviluppato chatbot basati sull’IA, negli anni ha messo appunto una serie di software e robot con diversi obiettivi, partendo ad esempio dalle piattaforme del 2016, OpenAI Gym e Universe, dedicate all’apprendimento per rinforzo e a misurare ed addestrare un’AI tramite giochi e app, alle quali sono seguiti:

  • RoboSumo”, gioco basato su robot dalle sembianze umane che apprendono in modo agonistico;
  • Debate Game”, giochi di dibattito online;
  • OpenAI Five,  team di cinque reti neurali che nel videogioco Dota imparano a giocare contro esseri umani;
  • Dactyl”, robot che usa lo stesso algoritmo di apprendimento per rinforzo di OpenAI Five e che, nel 2019, è riuscito a risolvere il cubo di Rubik con una sola mano!

L’obiettivo dietro questa ricerca è dichiaratamente quello di avere delle macchine che, usando solo l’algoritmo dell’apprendimento per rinforzo, riescano a svolgere più mansioni e non soltanto uno specifico dato incarico.

Quando parliamo di OpenAi non possiamo però non parlare di ChatGPT e dei modelli generativi che usano un massivo uso di dati per incrementare la capacità di espressione e imitazione del linguaggio umano. CahatGPT-4 è l’ultima e più avanzata versione di questa tecnologia. Una cosa abbastanza controversa che riguarda l’uso di questi dati è che, per costituire modelli linguistici, viene utilizzata una gran mole di informazioni tra le quali anche quelle che riguardano dati sensibili. Per queste ed altre ragioni, il Garante della Privacy ha mosso degli avvertimenti alla fondazione, la quale, per tutelarsi, ha recentemente bloccato ChatGPT in Italia.

 

Deep learning e reti neurali

Ma quali sono gli altri campi di ricerca nei quali sta investendo OpenAI?

Uno fra tutti, ritenuto centrale nel settore dell’AI è il deep learning, che si ispira alle reti neurali applicando la struttura del funzionamento di queste ultime agli algoritmi dell’intelligenza artificiale. Il deep learning, insomma, simula il procedimento che avviene nel cervello umano quando impara e riflette su più livelli.

Dunque è il modello di apprendimento che usa reti neurali per imparare dai dati. Le reti sono formate da neuroni artificiali che, partendo dalle informazioni fornite, riescono a prendere decisioni.

La capacità di attuare un pensiero astratto permette inoltre, a queste macchine, di avere numerosi vantaggi che vanno dalla capacità e la velocità di apprendimento autonomo alla facoltà di risolvere problematiche complesse. La cosa sorprendente dei sistemi deep learning è quella che li differenzia da quelli del machine learning: i primi infatti riescono ad aumentare le loro prestazioni con la pratica, al contrario dei secondi che hanno invece necessità di utilizzare algoritmi tradizionali. Questa tipologia di sistemi, però, vista la complessità e la grande quantità di strati nella rete, è più ardua da istruire. Purché il deep learning produca risposte esatte infatti, necessita di un grande allenamento con immense quantità di dati. Sia il deep learning che il machine learning, tuttavia possono essere utilizzati per cambiare o migliorare le modalità di attuazione di diverse tipologie di lavoro con conseguenti digressioni etiche che ciò comporterebbe.

OpenAi, infine, sta sostenendo ricerche anche sul modello di deep learning trasformer,  il quale consente non solo di interpretare i dati che vengono forniti ma anche di rilevarne il peso e di capire, quindi, quali input risultano più importanti e in base a questa capacità di comprensione, fornire risposte adeguate all’utente.

Quali che siano gli studi futuri di OpenAi, essa è sicuramente degna di essere seguita, sia per le implicazioni etiche e culturali, sia per l’impatto tecnologico sulle nostre vite quotidiane. Insomma, stiamo assistendo ad una “nuova rivoluzione industriale”. 

Stay tuned!

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